La memoria corta. (di Tommaso Di Francesco)
Nelson Mandela è «un gigante del XX secolo», che «mi ha reso un uomo migliore», anche se «la tentazione è di ricordarlo come una icona, ma Madiba ha resistito a questo quadro privo di vita»: l’atteso discorso elogio-funebre del presidente americano Barack Obama non è stato inferiore alle aspettative. L’approvazione grande, piovevano gli applausi dei sudafricani riuniti a Soweto, presi dalle parole dell’altro presidente nero della storia. Soprattutto quando ha parlato dell’uomo «in carne ed ossa», che ammetteva le sue imperfezioni, una ragione in più per «amarlo così tanto» perché «condivideva con noi i suoi dubbi, le sue paure, i suoi calcoli sbagliati, insieme alle sue vittorie. Diceva: non sono un santo». E poi, l’accusa: «Troppi leader che celebrano oggi Mandela, in realtà non tollerano il dissenso dei loro popoli». E, subito dopo, il gesto storico: la stretta di mano con il presidente cubano Raul Castro, tra gli interlocutori dell’invettiva appena pronunciata.
L’autorevole discorso di Obama a Johannesburg, a largo spettro rivolto ad alcuni leader internazionali del cosiddetto Terzo Mondo, quasi come portavoce dell’Occidente, rischia però di seppellire la verità e di essere alla fine l’ennesima sua imbalsamazione, soprattutto perché appare largamente smemorato. [continua]
Articolo tratto da: il Manifesto
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